I NOSTRI FRATELLI INDIOS SONO IN PERICOLO, NON LASCIAMOLI SOLI
Write a commentMentre la situazione, in Italia, migliora lentamente la prospettiva di un prudente ritorno alla normalità infonde speranza nei nostri cuori, dall’altra parte del mondo interi popoli sono a rischio genocidio.
“Le popolazioni indigene del Brasile affrontano una seria minaccia alla loro sopravvivenza a causa della pandemia di coronavirus [...]Queste popolazioni indigene fanno parte della straordinaria storia della nostra specie. La loro scomparsa sarebbe una tragedia estrema per il Brasile e una perdita immensa per l’umanità. Non c’è tempo da perdere”.
Si stringe il cuore nell’ascoltare l’appello di uno dei più grandi fotografi contemporanei SebastiãoRibeiroSalgado che, insieme a sua moglie LéliaWanickSalgado, denuncia senza mezzi termini la situazione d’emergenza che stanno vivendo gli indigeni dell’Amazzonia. Il SARS-CoV-2 mette a rischio la sopravvivenza delle popolazioni autoctone che popolano il polmone verde del pianeta, esposte ancor di più al virus per la loro incapacità di sviluppare anticorpi.La petizione, lanciata sul sito Avaaz, è stata condivisa da diverse star dello spettacolo come Meryl Streep, Brad Pitt, Oprah Winfrey, Pedro Almodovar e ha fatto il giro del mondo.
Salgado è un fotografo eccezionale, un uomo dotato di una straordinaria empatia verso la condizione umana, da sempre molto attento alla questione della tutela e sostenibilità del pianeta. Attraverso il suo obiettivo è riuscito a rendere testimonianza delle disparità economiche, culturali politiche e sociali, nelle diverse aree geografiche del pianeta. La potenza del suo sguardo,colmo di umanità, ha restituito ai più deboli la dignità di uomini eha testimoniato tragedie inenarrabili (come l’esodo della popolazione tutsi dal Rwanda verso la Tanzania).Da un atto d’amore verso la sua terra d’origine, il Brasile, nasce nel 1998 l’Instituto Terra ambizioso progetto che prende il via da un’opera di riforestazione senza precedenti, cui Salgado e sua moglie hanno dato vita circa 10 anni prima.
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Già a fine aprile, in un’intervista rilasciata ad Alan Friedman evidenzia la necessità per le nazioni di adottare comportamenti coerenti e di agire con unità e coesione al fine di combattere la pandemia. In particolare, punta il dito contro il presidente del Brasile e lo accusa di non adottare comportamenti etici, di non affidarsi alla Scienza, viceversa di incitare lapopolazione ad abbandonare la quarantena e di organizzare, egli stesso, raduni. Secondo Salgado, il comportamento del presidente JairBolsonaro verso le comunità indigene, l’ecologia, la cultura e la sanità mira a distruggere le istituzioni per accentrare tutto il potere nelle sue mani. I dati sul contagio non vengono diffusi dal governo ma dagli ospedali e ci sono molte zone prive di strutture sanitarie, come ad esempio le favelas, caratterizzate da una grande densità abitativa dove il numero dei morti è enorme. Secondo alcuni scienziati, l’ammontare dei decessi sarebbe 10 volte superiore ai numeri di cui si è a conoscenza. In questa situazione caotica,è seriamente minacciata la foresta Amazzonica e i suoi figli, ancora una volta, abbandonati a se stessi.
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Cinquecento anni fa, quando il Brasile fu scoperto, c’erano dai 4 ai 5 milioni di indigeni, oggi ce ne sono appena 300 mila. Tutti questi indigeni sono stati uccisi dal contatto con la civiltà occidentale, decimati dalle malattie portate dall’uomo bianco. La storia, purtroppo, sembra ripetersi. Bolsonaro ha abolito tutti i divieti che isolavano e proteggevano gli ingressi al territorio indios. Il suo governo ha smantellato il sistema di protezione sancito dalla costituzione brasiliana, ha tagliato i fondi all’Ibama, l’agenzia federale in difesa dei diritti degli indigeni. Attualmente l’Amazzonia è facile preda – più di quanto già non fosse - di ricercatori d’oro, tagliaboschi, minatori, allevatori di bestiame. Il danno che si prospetta non è solo ambientale perché queste persone senza scrupoli, entrando indisturbati nei territori indios, non solo distruggono gli ecosistemi ma diffondono il contagio tra le tribù.
Se la scorsa estate la deforestazione- di cui è stato complice Bolsonaro –ha innescato una serie di incendi e inferto un duro colpo al polmone verde del nostro pianeta, stavolta la questione non riguarda “solo” l’ambiente ma anche la violazione di diritti umani.
In risposta all’appello di Salgado, la FUNAI (Fondazione nazionale dell’Indio), l’organo del governo incaricato della protezione dei popoli indigeni, ha staccato dalle pareti della sua sede i 15 quadri (che ritraggono l’etnia Korubo do Coari, nella Vale do Javari) donati dal fotografo e ha proposto di metterli all’asta. «Trovo tutto ciò di un’enorme mediocrità e tristezza. Questa è la maggiore dimostrazione dello smantellamento di grandi istituzioni» ha commentato Salgado.
Recente è anche lo scontro avvenuto tra il governo bolsonaro e il CIMI (Consiglio indigenista missionario legato alla Conferenza dei vescovi). Alla base del conflitto, l’Istruzione normativa n.9 del 16 aprile che autorizza la concessione dei titoli di proprietà agli invasori di terre indigene. Il CIMI ha reagito dichiarando inaccettabile che in piena pandemia, proprio nel momento in cui le comunità indigene risultano più vulnerabili anziché proteggerle, la Funai adotti un provvedimento contrario al suo dovere istituzionale di proteggere i loro diritti.
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Le organizzazioni indigene, ambientaliste e di difesa dei diritti umani hanno denunciato gli attacchi sferrati dal «governo fascista» di Bolsonaro e la nomina a capo della Funaidi Marcelo Xavier che ha sempre agito in favore della lobbyruralista, trasformando l’organismo governativo «in una mera succursale degli interessi del latifondo, dell’agribusiness e delle imprese minerarie».Le Onge il presidente del COICA (Coordinamento delle organizzazioni indigene del bacino amazzonico) che rappresenta gli oltre 3 milioni di abitanti nativi distribuiti in un territorio che tocca 9 stati, affermano che sono stati registrati più di 40.500 casi di coronavirus e almeno 2.500 morti e chiedono l’aiuto internazionale. “Se continuiamo ad aspettare l’intervento dei governi, la nostra gente continuerà a morire. E non ci vogliamo estinguere”, ha detto DíazMirabal (presidente del COICA) durante il lancio del fondo d’emergenza per l’Amazzonia, istituito insieme a diverse organizzazioni indigene nazionali e ad almeno 19 organizzazioni non governative, tra cui Amazon Watch, Rainforest foundation US, Amazon Frontlines e Rainforest action network. I fondi raccolti verranno utilizzati per l’acquisto e la distribuzione tra le comunità indigene di beni essenziali come cibo, dispositivi di protezione e medicine.
Di fronte a tanta disumanità e ingiustizia, non dobbiamo girarci dall'altra parte. È tempo di agire. Ci schieriamo apertamente contro la disonestà politica e la brutalità di chi viola diritti umani e ambientali in nome del profitto, di chi calpesta i nostri fratelli e distrugge la nostra casa. Sottoscriviamola petizione dei Salgado e promuoviamo il fondo d’emergenza per l’Amazzonia, perché proteggere l’Umanità e la Terra è una responsabilità cui nessuno di noi può più sottrarsi.
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© Photo Credits: SebastiãoRibeiroSalgado
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