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AI SOGNATORI

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1968 - 2018. Cosa resta del decennio 1968 1977? Cosa resta di quegli anni in cui il mondo bruciava di una nuova energia, di giovani che volevano cambiare il mondo, sovvertire l’ordine dei padri cominciando dalla contestazione contro la guerra in Vietnam?


In realtà, la domanda è pretestuosa, perché tutta la nostra vita è permeata del flusso di musica, di arte e di libertà dei figli dei fiori.
A partire dalla musica, tutto quello che è accaduto successivamente è solo una nota a piè di pagina delle grande anime di quegli anni: Jimi Hendrix, il migliore chitarrista del mondo, capace di unire blues, rock e psichedelia in un unico tocco divino. Come dimenticare la sua provocatoria e cacofonica interpretazione dell’inno americano? Paragonando alla trasgressione di oggi dei falsi miti, costruiti a tavolino da esperti di case discografiche, viene da pensare che il mondo giovanile abbia perso la sua identità. Ancora, la voce di Janice Joplin, di intensità religiosa, nessuna possibile comparazione con le voci femminili di oggi, perfette, ma senza quei graffi nelle corde vocali, che rendono struggente una canzone. La sua interpretazione al Festival di Monterey, con l’interpretazione del brano Ball and Chain, segna l’assoluto trionfo di una identità unica. A voler confrontare la musica dei nostri anni, viene da piangere, come se avessimo perso l’anima per venderla al mercato.

Eppure ad ogni estate, sembra che i figli dei fiori facciano ritorno, le ragazze con le lunghe gonne da gitane e fiori nei capelli, la libertà di danzare a piedi nudi sulla sabbia, ed i ragazzi che si adornano di bracciali e collanine. E basta camminare lungo la spiaggia, al tramonto, per sentire gli accordi di una chitarra che invoca ”wish you were here” come una preghiera, per pensare con un sorriso che c’è ancora un angolo di mondo dove si sogna la pace e l’amore nel mondo, con strenuo coraggio, con invincibile ardore, perché i sognatori hanno, nel cuore, mille e mille canzoni e non sono mai soli.

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