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PAESTUM DELLE MERAVIGLIE

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Io sono una fuggiasca a vita. Una persona che pensa sempre ad un altrove possibile, ad una meta fantastica. So bene che "si viaggia per viaggiare" e nella mia filosofia spicciola da "eterno studente" riconosco nella fuga una soluzione sempre praticabile, un'alernativa coraggiosa contro l'abitudine.

Fuggire da un luogo, fuggire dagli altri, fuggire finanche e soprattutto da se stessi. 

C'è solo un luogo dal quale non fuggirei mai, che mi trattiene come una malia: Paestum ad ottobre. Non è un luogo preciso, ma un modo diverso di vedere le cose consuete, un'attitudine dell'anima non più accecata dal sole, cosi bruciante di vitalità. Ad ottobre la luce si fa tenue, ammorbidisce e sfuma i contorni del reale, avvolgendo ogni cosa in un pulviscolo ambrato, che rende l'occhio meno positivista, più propenso ad uno sguardo poetico.

Per cogliere la meraviglia bisogna osservare poche regole: abbondonare l'automobile, non pensare ai traffici quotidiani e respirare piano. Incaminarsi, poi, per una qualunque strada che conduca al mare, incuranti dell'immondizia che costeggia il nostro cammino, fantasma dei fasti estivi trascorsi. Il cuore sussulta per l'immenso improvviso ed il silenzio che ogni suono amplifica trasforma il rumore dell'onda in musica, sinfonia per la nostra piccola vita, sempre sospesa. Le acque cristalline, riconducono ad un tempo, in cui tutto era ancora possibile ed immergersi ha il senso del sacro, di un antico rituale, la fonte della vita.

Non serve altro. Perdere i sensi tra i colori della nostra terra, azzurra di mare, verde di natura selvaggia, cangiante come il travertino dei nostri templi, la casa della nostra anima immortale. Percezioni cromatiche che inducono ad una sospensione della ragione, ad una piega nel materialismo del quotidiano, vacilla il senso compiuto e si disperde in connessioni improbabili ed intime confessioni con il nostro essere, spoglio da divise. Ed ecco che tutto diventa oro, manca il respiro mentre il sole dardeggia le sue mille spade di luce tra i rami di pino, come archi di una cattedrale della natura, infiamma le maestose colonne degli antichi templi ed infine compie il suo purpureo destino nel mare.

I tramonti di Paestum sono il sorriso degli dei, che svelano la loro esistenza a chi ne ascolta il canto.
Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo, perché sono qui, sognante e scalza, sulla spiaggia di Paestum delle merviglie.

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