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TUTTA COLPA DEI DOORS ... STORIA-DI-UN'ESTATE--PRIMA-PARTE

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L’estate per me è stata sempre una stagione di scoperte e di crescita, soprattutto da ragazzina,perché libera da ogni impegno scolastico, potevo fare quel che mi pareva, leggere quel che volevo, andarmene in giro tutto il giorno con la vespa, abbarbicandomi per stradine polverose, incendiate dal sole;

starmene seduta, con la bocca spalancata,a contemplare la bellezza di un fiore di fico d’india, la gentilezza di un fiore che spunta da una pianta così primitiva, come una carezza che si libera da una mano ruvida. Spesso me ne stavo con gli amici, che tornavano ogni estate, a fare niente, solo nuotate estenuante e chiacchiere infinite su un muretto, che a guardarlo oggi è una desolazione. Quell’anno, credo 1984, era successo un fatto incomprensibile, gli amici mi guardavano come se fossi uno strano fenomeno, mi rivolgevano a stento la parola,non capivo eppure ero sempre la stessa. Fu Daniele, detto il sorcino per via dei suoi baffetti da pubertà avanzata, a darmi la solenne sentenza: “ Hai fatto due poppe grosse ‘sti inverno!” Ecco, cos’era quell’improvviso cambiamento, era dovuto alle mie poppe, che invano tentavo di nascondere con reggiseni  “criss cross incrocio magico” e magliette che sarebbero andate comode pure alla donna cannone. Presi atto che non c’era nulla da fare, le poppe costituivano l’elemento di esclusione dal gruppo dei ragazzini, che bazzicavano d’estate  alla  Torres, nei pressi del lido delle Sirene, dove si trascorrevano interi pomeriggi a far andare aventi un jukebox. Quell’anno ero impazzita per Alberto Camerini, ma dovevo ballare da sola, perché i mie amici si vergognavano delle mie poppe. Ad entrare nel gruppo dei grandi neanche a pensarci, mi paralizzavo solo al pensiero di rivolgere la parola ad un vecchio di diciotto anni e poi, la zia Adelina mi aveva avvisata: “ Guarda che i ragazzi grandi pensano solo ad una cosa, stai attenta !” Mi scervellai per capire cosa fosse quella cosa, ma invano, secondo me i ragazzi grandi di diciotto anni, sapevano troppe cose per interessarsi ad una come, che si perdeva nelle macchie di fichi d’india e che teneva alla vespa più di ogni altra cosa al mondo. I ragazzi grandi di diciotto anni, li sentivo parlare di argomenti seri, ascoltavano musica strana, di cui riuscivo ogni tanto a cogliere  degli indizi i Doors,  Bob  Dylan,  ma chi erano questi? Io ero felice quando mamma metteva su una bella canzone di Gianni Morandi, tipo Bella Belinda e ballavamo nel salotto  con i cuginetti, aspettando che nonna preparasse la merendina, di solito un panino con frittatina di patate. Secondo me le poppe mi erano  venute per la frittata di patate, ne avevo mangiata troppa!

Dunque, quell’estate accettai, mio malgrado di starmene  da sola, evitando con un certo disprezzo i miei vecchi amici, che ai miei occhi erano diventati degli idioti, che perdevano tempo con giochi stupidi,come la battaglia delle polpette in spiaggia, di cui l’estate precedente ero stata la campionessa indiscussa.  Un pomeriggio di un accecante luglio,me ne stavo sdraiata all’ombra , indecisa se cominciare a leggere Delitto e Castigo di o le avventure di Geppo, il diavolo buono, a quattordici anni si è proprio spaccati in due, da una parte l’infanzia e dall’altra l’ignoto. Indecisa sulla lettura, vidi giungere dalla spiaggia un ragazzo grande di diciotto anni, che si dirigeva proprio verso di me. Afferrai subito Dostoevskij per darmi un po’ di forza, “ Ciao, sono Vincenzo, ti ho vista in vespa e volevo chiederti di accompagnarmi ad Agropoli, devo comprare le corde della chitarra.”, per un attimo pensai che fosse uno straniero, non avevo capito nulla. La mia espressione incredula, lo divertì molto. “ leggi questi mattoni?” mi disse prendendo tra le mani il libro. Maledii la mia decisione, sarebbe stato più adatto Geppo. “Allorai che fai? Mi accompagni?”

Sentii  un sii sibilare dalle labbra,senza il mio permesso.

“ Allora, ti aspetto tra un’ora qui al lido.”

.L’ora seguente fu quanto di più terribile fosse capitato nella mia vita. L’adolescenza esplose in quel momento, ero in uno stato di coscienza alterato, tanto che  lasciai a mio fratello la mia merendina.  Vincenzo mi aspettava, “ Salta dietro, guido io! “ disse sicuro di sé come un ragazzo grande di diciotto anni. Il tragitto verso Agropoli fu un assoluto tormento, non sapevo dove mettere le poppe, se mi tenevo stretta, Vincenzo se ne sarebbe accorto, allora bisognava strasene  sdraiata. “ Ma che fai? Abbracciami!”, fece Vincenzo, come se mi avesse letto nel pensiero. Le raccomandazione di zia Adelina si insinuò nel mio cervello come un mantra, “quella cosa là”,era questa quella cosa che vogliono i ragazzi grandi di diciotto anni, ma ormai era fatta la dovevo fare quella cosa là, mica potevo rischiare di catapultarmi dalla vespa,presi coraggio, e mi avvinghiai a Vincenzo, tanto le poppe le tenevo, e non mi sembravano neanche una cosa straordinaria, due ammennicoli insignificanti. E poi che c’era di male ad andare in vespa con un ragazzo grande di diciotto anni? Guidavo meglio io, non era capace nemmeno di fare la serpentina nel traffico  o una bella sgommattina di carattere. “ Ti aspetto al falò, ci saranno tutti, grazie,sei molto simpatica!” Vincenzo si accomiatò ed io corsi a casa.....

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